ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Legalità in centro?
Iniziamo dalle auto
di Andrea Bentivegna
12/03/2016 - 02:00

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Lancio una proposta: smontiamo la fontana di piazza del Gesù e rimontiamola nel parcheggio del Sacrario. Vi sembra un’idea folle? Eppure usare la stessa piazza medioevale come parcheggio non scandalizza quasi nessuno, perché?

Potrebbe sembrare solo una provocazione, al contrario è il concetto cardine che finché verrà eluso renderà vano qualsiasi altro discorso. Eh sì, perché parlare di degrado, di multe, di movida così come pure immaginare festival, turismo e musei diffusi non può prescindere dal radicale cambiamento che questa città deve sforzarsi di fare nell’intendere il proprio centro storico.

Mi si risponderà che i residenti sono esasperati, che i commercianti sono in affanno, che servono telecamere, multe, che da poco è nata l’infomobilità e quant’altro ma saranno sempre discorsi frammentari e fallimentari finché non esisterà un progetto unitario.

Attenzione, non sto dicendo che liberare le strade e le piazze dalle auto sia la soluzione a ogni male, al contrario, sarebbe ingenuo illudersi che possa bastare un solo provvedimento risolutore. Tuttavia finché non verrà imposto alla città di cambiare il modo con cui il centro viene immaginato, qualsiasi intervento sarà contraddittorio e ambiguo.

D’accordo, proprio in questi giorni è stato varato l’ambizioso concorso di idee per riprogettare l’arredo urbano delle piazze storiche e pare siano moltissimi i progetti arrivati a palazzo dei Priori, eppure, a mio modo di vedere, il problema va ricercato ancora più a monte.

Auspico che per una volta, forse per la prima in assoluto, ci si sieda attorno a un tavolo e si discuta su ciò che il centro storico sarà. E non mi riferisco alla prossima estate e nemmeno a Natale, piuttosto ai prossimi quindici anni. Un progetto coraggioso ma ormai indispensabile. Per questo punto il dito contro le auto: impedirne il transito ma soprattutto il parcheggio sarebbe un segnale inequivocabile e soprattutto ci offrirebbe per la prima volta la l’opportunità di pensare allo sviluppo degli spazi, finalmente liberi, immaginando qualcosa di alternativo. In poche parole una rivoluzione ideologica prima ancora che urbanistica.

Oggi giorno al contrario si naviga a vista, senza un visione d’insieme, e, come dimostrano le recenti polemiche, la sensazione è che il cuore della città sia una sorta di Far West, non solo per i rischi ma anche perché divenuto ormai una terra di conquista: gli eventi, i locali notturni, i giovani, gli automobilisti e i residenti l’un contro l’altro armati per ''impossessarsi'' di via San Lorenzo e dintorni. Non potrà certo scaturire da queste dinamiche il futuro di Viterbo.

La città, e non uso questo termine a caso, dovrà decidere che cosa vorrà essere da grande. La sua parte più nobile non può essere solo il luogo del divertimento serale, né dovrà trasformarsi in un finto presepe disseminato solo di bed&breakfast perché per far sì che tutti possano viverci occorre un progetto di sviluppo il più possibile condiviso ma soprattutto ostinatamente perseguito. Si dovrà avere il coraggio di andare avanti con convinzione e non come accadde con i primi, timidi, tentavi di impedire la sosta in centro alzando bandiera bianca dopo una manciata di settimane.

Il rispetto della legalità sarà naturalmente alla base della riuscita qualsiasi strada si deciderà di adottare, una condizione imprescindibile di cui soprattutto in questi tempi si sente terribilmente il bisogno. Laddove la legalità non dovrà significare limitarsi alla repressione. Ci si dovrà impegnare in uno sforzo culturale, attraverso iniziative a vari livelli, per ricreare quel senso civico oggi inequivocabilmente smarrito e, appunto, il traffico e la sosta in riguardano proprio la cultura e non solo la viabilità.

In giro per il mondo è pieno di esempi virtuosi, di realtà oggi considerate un vero e proprio modello che fino ad alcuni anni fa erano invece agonizzanti ma che ora sono riuscite a risollevarsi anche affidandosi a un patrimonio culturale e storico ben inferiore rispetto a quello di Viterbo.

Sono convinto che sia questa la strada da prendere, che lo si debba fare subito e senza esitazioni, con condivisione ma anche con il coraggio di cui questa città sembra da troppo tempo priva. Arriverà un giorno in cui, rileggendo questi discorsi, ci chiederemo stupiti come sia stato possibile impiegare tanto tempo per realizzare ciò che nel resto del mondo è ormai scontato.





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